Storia di GO JU Italia

La leggenda

Esisteva un tempo, molti secoli fa, un medico di nome Shirobei Akiyama. Egli aveva studiato le tecniche di combattimento del suo tempo, comprese altre tecniche che imparò durante i suoi viaggi in Cina compiuti per studiare la medicina tradizionale e i metodi di rianimazione, senza però ottenere il risultato sperato. Contrariato dal suo insuccesso, per cento giorni si ritirò in meditazione nel tempio di Daifazu a pregare il dio Tayunin affinché potesse migliorare.

Accadde che un giorno, durante un’abbondante nevicata, osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti che erano così rimasti spogli. Lo sguardo gli si posò allora su un albero che era rimasto intatto: era un salice, dai rami flessibili. Ogni volta che la neve minacciava di spezzarli, questi si flettevano lasciandola cadere riprendendo subito la primitiva posizione.

Questo fatto impressionò molto il bravo medico, che intuendo l’ importanza del principio della non resistenza lo applicò alle tecniche che stava studiando dando così origine ad uno delle Scuola più antiche di JuJutsu tradizionale, la Scuola Hontai Yoshin Ryu (scuola dello spirito del salice),tutt’ora esistente e che da 400 anni si tramanda tecniche di combattimento a mani nude e con armi
La Storia

L’origine del karate risale a più di mille anni fa. Quando il Dharama giunse al monastero di Shao Lin, in Cina, ideò per i suoi allievi alcuni metodi d’addestramento fisico in grado di conferire resistenza e forza fisica, necessarie, a mantenere rigida la disciplina che era parte della loro religione. Questo metodo fu presto sviluppato e divenne quello che oggi è conosciuto come arte di combattimento di Shao Lin. Tale arte fu importata nelle isole Ryu Kyu e si mescolò con le tecniche di combattimento lì praticate. Quando venne proibito l’uso delle armi si sviluppò il combattimento a mani vuote, il KARATE: (te) mano, (kara) vuote. A Okinawa, una di queste isole, sorsero le scuole del “Naha te” (la mano di Naha), “Shuri te” (la mano di Shuri) e il “Tomari te” (la mano di Tomari), le quali presero il loro nome dalle rispettive città. Da questi tre metodi derivano tutti gli stili di karate.

MAESTRO KANRYO HIGAONNA

Il Maestro Higaonna Kanryo nato il 1845 a Naha.

Sebbene si attribuisca molta importanza al M° Miyagi, per il lavoro fatto sul Go Ju, è il suo Maestro Higaonna che ha stabilito le basi dello stile. Il M° Higaonna a quei tempi fece molta fatica a trovare un buon discepolo tenendo conto, inoltre, che era sconveniente per un maestro trasmettere tutti i propri segreti. Nel 1870 andò in Cina, dove rimase per 17 anni, allargando la sua conoscenza sulle arti marziali: dal wu-shu (kung fu), al t’ai ch’ l ‘chuan e allla box cinese. Ritornato a Naha insegnò, nel quartiere Ton-Shi, fino al 1915 quando morì lasciando 5 allievi: Chojun Miyagi, Kyoda Juhatsu, poi Gusukuma Shiroma e Motoda.

IL MAESTRO CHOJUN MIYAGI

Il Maestro Chojun Miyagi, nato nel 1888 a Naha, iniziò, a 14 anni, a praticare il karate con il M° Higaonna. Era un ragazzo di corporatura molto robusta e, dopo aver passato un periodo sotto l’ insegnamento del Maestro Higaonna, andò in Cina per 4 anni dove fece le sue prime esperienze estere. Tornò a Okinawa, dal M° Higaonna, dopo avere frequentato altre scuole. Ripartì per la Cina attorno al 1920; in quel periodo perfezionò il suo stile che, più avanti, prese il nome di Go Ju Ryu. Girò per molti anni, facendo esperienze nuove con altri maestri. Il M° Miyagi introdusse alcuni kata e dopo qualche tempo creò il kata Gekisai Ichi e il Gekisai Ni. Caratteristica principale del Gekisai è la sua possibile applicazione negli esercizi di coppia “tate bunkai” o “renzoku kumite”; esercizi questi, studiati dal M° Miyagi per allenarsi nelle tecniche in sequenza continua applicate sull’avversario.

Un suo allievo, Jinan Shinzato, venne invitato a Kyoto per una dimostrazione di karate e, tutti i partecipanti, impressionati dallo stile, gliene chiesero il nome; imbarazzato perchè la scuola non ne aveva ancora uno disse: “hanko ryu” (scuola del mezzo duro). Tornato dal suo Maestro, spiegò che cosa aveva detto, e Myagi diede la sua approvazione citando una delle sue frasi preferite: “go-ju don-tosu”. (duro-morbido)
L’ universo respira forte e dolce: il nome go ju (go=duro ju=morbido)

IL MAESTRO PETER URBAN

Peter Urban nasce il 14 Agosto 1934, nel New Jersey.
All’età di 17 anni si arruola nella marina militare degli Stati Uniti.
Viene inviato a prestar servizio in Giappone. Qui incontra Richard Kim, ufficiale americano, esperto di Arti Marziali.

Con lui inizia lo studio del Ryu Aiki Jitsu. Successivamente il M°Kim, vista la grande abilità di Peter, lo presenta a due dei più famosi maestri dell’epoca: Gogen Yamaguchi e Mass Oyama.

Ben presto Urban inizia aseguire le loro lezioni. In quel tempo (1953/54) per un Americano era difficile studiare nei dojo giapponesi a causa dei forti sentimenti nazionalistici, ma Urban si dimostrò motlo determinato e all’età di 25 anni conseguì il 6°Dan ed il suo nome fu conosciuto in tutto il Giappone.
Nel 1959 il M°Peter Urban introdusse il karate Goju Ryu negli USA, e il lavoro svolto successivamente produsse una rivoluzione nel mondo del karate statunitense, per questo da molti fu chiamato “George Washington” o “il Padrino del Goju”.

Nel 1966 il M°Peter Urban fonda la sua scuola, chiamandola GOJU USA, con il consenso dei suoi precedenti maestri, R.Kim, G.Yamaguchi e M.Oyama.
L’associazione Butokai, visti i meriti acquisiti in decenni di vita dedicata allo studio delle arti marziali, gli riconobbe il grado di cintura rossa 10°Dan.

Grazie al lavoro svolto da Sensei Urban e da i suoi numerosissimi allievi, il Goju USA si diffuse a macchia d’olio, prima negli States e successivamente in tutto il mondo.

Il M°Gianni Rossato di Padova, fu il primo allievo Italiano del M°Urban, che introdusse la scuola Goju USA nel nostro Paese. Successivamente il M°Rossato chiamò la sua scuola Goju Italia con il consenso del M°Urban.

IL DOJO (道場)

Il Dojo ” è una parola giapponese che significa “luogo per la ricerca della vita”. In Sanscrito prende il nome di “Bodhi Manda”, che significa “luogo di saggezza”rappresent. Un ambiente di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della “via” dell’arte marziale.
  1. L’atmosfera del Dojo deve essere calma e serena e il silenzio deve essere completato salvo rumori propri della pratica.
  2. Nel Dojo siate consapevoli e gioiosi. Abbondante ogni considerazione di fama e ricchezza. Dimenticate i pregiudizi di razza e di sesso. L’ardore della pratica deve unirsi ad un’atmosfera di ricerca interiore. Siate sinceri.
  3. Se entrate temporaneamente o stabilmente nella nostra società, accettatene le regole seguendo con buona volontà gli insegnamenti e rispettando le gerarchie dei grandi.
    Sono richieste tre qualità: una buona educazione, un grande amore per l’arte preferita, una grande fiducia nel Maestro.
  4. Le regole tradizionali che vi vengono insegnate e l’atteggiamento mentale che vi viene suggerito, non sono delle mortificazioni imposte a chi pratica, ma sono un costume che favorisce il lavoro collettivo e il progresso individuale.
  5. Dovete essere puliti nel corpo e nel costume, entrare nel Dojo con il piede sinistro (uscirne col destro), disporre ordinatamente le calzature con la punta verso l’uscita.
  6. Portate rispetto ad ogni cosa, osservate gli orari e non mostratevi a torso nudo.
  7. Eseguite con cura i saluti tradizionali ma state attenti a non abusarne. Coltivate rispetto e gratitudine per il Maestro ed i compagni di pratica.
  8. Parlate il meno possibile. Controllate i vostri pensieri concentrandovi su quanto fate, su quanto vedete fare.
  9. Non vi distraete, non distraete gli altri.